48^ Maratona di New York 2018, presenti!

“It’s not Heaven. It’s Brooklyn”:
è così che titola la prima pagina del The New York Times sul numero pubblicato all’indomani della 48^ edizione della TCS NYC Marathon di New York che si è svolta, come da consuetudine della gara newyorkese, nella prima domenica di novembre.

“Non è il paradiso. E’  Brooklyn”: il cielo azzurro e terso della domenica della gara che ha fatto sentire a casa tutti noi del Sud, le condizioni climatiche miti e ideali per correre, e l’atmosfera di incredibile entusiasmo da cui ogni runner si è sentito generosamente accolto ed abbracciato, hanno fatto sembrare questa gara, soprattutto all’altezza di Brooklyn, un vero e proprio paradiso. Partiti, come per ogni edizione, dal distretto di Staten Island, all’altezza del Ponte Giovanni da Verrazzano, la maratona di New York ha previsto, anche quest’anno,  il percorso che comprende tutti e cinque i distretti della città,  passando per Brooklyn, Queens, Bronx e Manhattan, dove, all’interno di Central Park, è stato fissato il traguardo. L’inno americano, che sprona ad avere sempre il coraggio di andare avanti e la fede in sé stessi ed in Dio, sono stati l’incitamento ufficiale, di rigore ma perfetto per dare la giusta carica a tutti i runners i quali sono stati poi spinti ,subito dopo la partenza ,a macinare i primi chilometri sulle note della celeberrima New York , New York di Liza Minnelli nella quale, non a caso, si parla di scarpe vagabonde che hanno una gran voglia di perdersi tra le strade di New York e farne completamente parte.

E di scarpe vagabonde, ce  ne sono state tantissime. Al termine delle 26 miglia, sul podio è arrivato il ventottenne etiope Lelisa Desisa che, avvolto nella bandiera del suo Paese africano, ha tagliato il traguardo in 2h 6’ e 26’’. Eccezionale la donna Kenyana che ha conquistato il primato nella sua categoria, Mary Keitany con il tempo di 2h 22’ e 49”.

Ma sono stati tantissimi i runners iscritti. Circa in 52.704 sono riusciti ad arrivare al traguardo, tra cui i 3.100 partecipanti provenienti dall’Italia che, quest’anno, è stato, dopo gli Stati Uniti, il Paese più rappresentato alla maratona. Tra i 3.100 italiani, è volata a New York anche l’associazione podistica no profit di Afragola, la Run For Love project Anna Cerbone che, per la prima volta, ha presenziato e ha corso la maratona di New York con l’inconfondibile maglia giallo-fluo,  con ben cinque atleti: il Presidente Gaetano Brilla, giunto alla sua quattordicesima maratona e che per la seconda volta (la prima nel 2013) ha tentato, e concluso, l’assalto alla Grande Mela; Agostina Ferrara, unica presenza femminile che, con orgoglio e soddisfazione di tutti, si è guadagnata la medaglia onorando tutte le donne che fanno parte e che sostengono l’associazione; Raffaele Germano, alla sua seconda gara sulla distanza dei 42 chilometri dopo l’italianissima Firenze dello scorso anno; Antonio Del Prete, al suo esordio nella lunga distanza con le 26 miglia americane e Carmine Del Prete che, con New York,  ha concluso la sua settima maratona.

Un percorso difficile per tutti: dalle difficoltà delle pendenze del Queensboro Bridge, un vero e proprio muro a poco più della metà della maratona, al saliscendi della 1st Avenue, dalle ripide salite di Central Park all’isola delle colline da cui Manhattan, nome indiano,  prende il nome, insomma, un percorso di gara tutt’altro che pianeggiante che ha messo a dura prova le gambe ed i polmoni dei nostri atleti. Ma, come sempre accade, nell’unione si trova la forza. La forza di arrivare a tagliare un traguardo che per quanto difficile, è stato incorniciato dalle geometrie quasi perfette di una città unica al mondo. Le Street, le Avenue che scorrono, una dopo l’altra, in lungo e in largo, al ritmo delle arterie di chi le percorre, e gli incredibili grattacieli, tappeti magici ad un passo dalle stelle, hanno lasciato tutti senza fiato. E per i nostri atleti, la loro vetta è diventata il loro  traguardo, e se passo dopo passo, tratto dopo tratto, se ne contavano i piani, sembravano condurli direttamente in paradiso. Dal calore e dall’affettuoso ed emozionante tifo e sostegno della gente che ha popolato tutti e cinque i distretti, alla musica, radicata nell’anima nera, blues e rock ‘n roll di questo straordinario popolo e che ha scandito ogni chilometro percorso, ai giganti di questa incredibile città, ai ponti che uniscono le diversità del pianeta, ai toni dell’autunno che sembra esistere, nei suoi colori primordiali,  soltanto a Central Park, almeno per chi guarda, il passo è stato breve. Più che un passo, un salto. Un salto in un sogno che, nella passione per la corsa e nei valori dell’amicizia che caratterizzano la Run for Love p-AC, è riuscito a diventare realtà. Impossibile riportare a parole, anche per chi, come la sottoscritta, ha assistito alla gara, le immense emozioni degli atleti giunti al traguardo di quella che è considerata la maratona per eccellenza e senza dubbio l’evento podistico più importante al mondo. Felicità  e commozione, braccia ed occhi rivolti, con gratitudine immensa, al cielo improvvisamente sceso sulla terra, sorrisi increduli e urla di gioia tali da far destare l’ultimo piano dell’Empire, hanno caratterizzato il passaggio finale dei runners per la conquista della medaglia. Un dischetto di bronzo, pesante come la fatica, bella come un indelebile ricordo, su cui, con lo stesso orgoglio degli atleti, troneggia, in tutta la sua magnificenza, l’immagine di quella statua che, dall’alto della sua storica regalità, ricorda quotidianamente alla città di New York, ed al mondo intero, di alimentare, sempre, con il coraggio e la determinazione tipica del popolo americano e di chi decide di correre una maratona, il fuoco eterno delle proprie passioni e della propria  libertà.

If I can make it there, I can make it anywhere“: se posso farcela  qui, posso farcela ovunque (New York New York, Liza Minnelli)… Che il sogno americano continui, per chi lo ha realizzato e per quanti lo realizzeranno!

Yours, faithfully Rita Giaquinto.

 

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